en-us-Virus, sai come ti difende il sistema immunitario?
Il potenziamento delle difese immunitarie è determinante per vincere la battaglia contro il nemico invisibile
Se non fosse per il sistema immunitario nessuno sopravvivrebbe a lungo: questa linea di difesa ci protegge infatti non solo da ospiti sgraditi come virus, batteri e parassiti, ma anche dalle nostre stesse cellule, mutate a causa di malattie come il cancro. In queste settimane, complice l'ondata di coronavirus, il sistema immunitario è stato spesso chiamato in causa e anche un po' ingiustamente denigrato (e proprio nel pieno della battaglia, il cui sintomo è la febbre): ecco allora alcuni fatti sorprendenti, spesso poco noti, che ve lo faranno apprezzare di più.
1. È DISTRIBUITO IN TUTTO IL CORPO. La fitta rete di sorveglianza del sistema immunitario comprende una serie di organi deputati alla produzione di globuli bi (milza, midollo osseo, linfonodi, tonsille, timo - una piccola struttura nella parte anteriore del torace), tessuti e cellule circolanti, messi in comunicazione tra loro dai vasi linfatici. Le cellule immunitarie sono distribuite anche in tutti i tessuti del corpo, che raggiungono grazie alla circolazione sanguigna: con un dispiegamento di forze così massiccio, è difficile per un patogeno passare inosservato.
2. LE SUE ARMI DI PUNTA SI TROVANO NEL SANGUE. Nell'arsenale di cellule che fanno da guardia all'organismo si distinguono soprattutto fagociti e linfociti. I primi, che si sviluppano nel midollo osseo, costituiscono una prima linea difensiva aspecifica (non specifica) e inglobano nel loro citoplasma le molecole estranee che, lasciate libere di circolare, potrebbero creare problemi. Cellule simili con le stesse funzioni si ritrovano anche in organismi molto elementari. I patogeni che riescono a superare questa prima barriera incontrano una difesa specializzata: i linfociti sono capaci di generare e modificare gli anticorpi che riconoscono antigeni specifici sulla superficie dei patogeni, e di neutralizzarli. Soltanto nei vertebrati si è sviluppato questo secondo livello di difesa "su misura".
3. FU DESCRITTO PER LA PRIMA VOLTA 2.400 ANNI FA. Lo storico greco Tucidide, descrivendo un'epidemia di peste che aveva colpito Atene nel 430 a.C., annotò come le persone già contagiate una volta e sopravvissute non si ammalassero più: «Coloro che si erano salvati dall'epidemia [...] conoscevano già quelle sofferenze e per se stessi non avevano più nulla da temere; il contagio infatti non colpiva mai due volte la stessa persona, almeno non in forma così forte da risultare mortale».
Questo principio fu sfruttato nel 1796 dal medico britannico Edward Jenner per sviluppare la prima forma di immunizzazione mediante un vaccino: quello contro il vaiolo. I contadini che entravano in contatto con forme di vaiolo bovino o equino risultavano infatti immuni alla versione umana del virus.
4. LA MILZA È UN CENTRO NEVRALGICO. Senza milza si può vivere, tuttavia questo organo posto tra lo stomaco e il diaframma è uno snodo importante per le cellule del sistema immunitario. Possiamo immaginarla come una sorta di linfonodo gigante in cui vengono prodotti nuovi globuli bianchi, ci si disfa di quelli vecchi e si mettono in comunicazione quelli già in circolo.
5. RECLUTA ANCHE ORGANI "INUTILI". Avete forse sentito parlare dell'appendice come organo vestigiale, così chiamato perché a lungo considerato un relitto evolutivo - ossia un inutile residuo dell'evoluzione che spesso si infiamma e va asportato. Pare tuttavia che questa piccola struttura sia importante per mantenere in equilibrio e ben assortita la flora batterica intestinale, soprattutto quando i "batteri buoni" risultano in minoranza. Alcune cellule immunitarie scoperte di recente nell'appendice, chiamate cellule linfoidi innate, aiutano a ripopolare l'intestino di batteri buoni e a contenere eventuali infezioni senza che si propaghino tra un tessuto e l'altro.
6. PUÒ INFLUENZARE LE INTERAZIONI SOCIALI. La convinzione che cervello e sistema immunitario fossero isolati e non in comunicazione l'uno con l'altro è stata in parte smentita da uno studio pubblicato su Nature nel 2016. Una molecola prodotta dalle cellule immunitarie in risposta alle infezioni, l'interferone gamma, sembra avere un ruolo determinante nei comportamenti sociali di molti animali, dagli zebrafish (il Danio rerio, un piccolo pesce d'acqua dolce) ai topi.
In laboratorio, sui topi, quando questa molecola viene bloccata gli animali divengono meno socievoli. Ripristinandola, la socialità torna a livelli normali. Le relazioni sociali sono il veicolo principale di diffusione dei patogeni: l'ipotesi è che l'interferone gamma abbia incoraggiato la socialità nel corso dell'evoluzione, aiutando i patogeni a diffondersi ma anche il nostro sistema immunitario a fortificarsi.
7. ALCUNE SUE CELLULE "KILLER" DIVENTANO "BUONE" NEL CORSO DELLA GRAVIDANZA. I linfociti natural killer (le cellule più aggressive del sistema immunitario) presenti nell'utero materno svolgono l'insospettabile funzione di balie nelle prime settimane di gestazione, sostenendo il feto con la produzione di specifici fattori di crescita.
8. LE CELLULE PAC-MAN NEUTRALIZZANO I TUMORI INFANTILI. Alcuni scienziati dell'Università di Stanford hanno scoperto che una proteina espressa sulla superficie delle cellule, chiamata CD47, interagisce con i macrofagi (i fagociti che inglobano, come un pac-man, i patogeni nella prima linea di difesa) inviando loro un segnale di "non belligeranza". Alcune cellule tumorali ingannano il sistema immunitario producendo grandi quantità di CD47, supplicando così i macrofagi di non mangiarli. Quando si riesce a bloccare farmacologicamente questo segnale, i macrofagi possono eliminare le cellule tumorali, riducendo la necessità di terapie con elevati effetti collaterali.
9. PUÒ ESSERE INGANNATO PER COMBATTERE IL DIABETE. Gli scienziati del MIT hanno dimostrato che incapsulando cellule pancreatiche umane in biomateriali derivati dalle alghe, e trapiantandole su pazienti affetti da diabete di tipo 1, il sistema immunitario non le attacca, e la loro capacità di produrre insulina rimane immutata.
10. HA UNA MEMORIA DA ELEFANTE. Il sistema immunitario può ricordare un'infezione anche a decenni di distanza: i pazienti sopravvissuti alla prima epidemia di ebola nella Repubblica Democratica del Congo, risultano ancora immuni all'infezione dopo oltre 41 anni dal contagio. Questa "capacità di ricordare" è dovuta a un ristretto gruppo di linfociti che sopravvivono anche 10 volte più a lungo degli altri, specializzandosi nel riconoscere il patogeno alla successiva ricomparsa.
Fonte: Focus